Prima c’è stato lo scudo anti-spread di Draghi (luglio 2012). Poi un’ulteriore distensione sul mercato italiano è arrivata, a partire da novembre, con il ritorno degli investitori stranieri in Italia che ha favorito una caduta dello spread BTp-Bund a 260. E, adesso, colpo di scena di questo inizio 2013, è arrivata anche la distensione sui vincoli patrimoniali di Basilea III che dà, in sostanza, alle banche più tempo per mettere a posto l’assetto patrimoniale. Il mix di questi fattori si traduce in maggiore liquidità. Oltreché a un recupero del valore in portafoglio dei titoli di Stato italiani, che le banche italiane hanno in pancia per una fetta di 370 miliardi. Eppure, nonostante tutto, gli spread applicati sui mutui in Italia restano congelati da circa un anno (in media 4,05% secondo la Bce), imballati su una soglia media di circa il 3,5% per i prestiti variabili e del 4% per i mutui a tasso fisso. E sono più cari persino della Spagna, Paese il cui debito pubbico costa sui mercati finanziari più caro rispetto a quello italiano (i Bonos a 10 anni pagano il 5% contro il 4,2% dei rispettivi BTp). In Spagna il miglior mutuo variabile si ottiene con spread all’1,4% mentre in Italia la soglia migliore di spread è al 2,85%.
In Italia, certo, le norme per la copertura dei rischi sul credito ai fini del patrimonio di vigilanza siano più stringenti rispetto al resto d’Europa. Ma questo può bastare a giustificare una così bassa volatilità al ribasso degli spread sui mutui che resta nei fatti anomalo? L’allentamento dei cordoni di Basilea III produrrà una ricaduta positiva anche sui costi dei mutui? «Fra qualche settimana assisteremo a un probabile ribasso degli spread tra i 10 e i 20 punti base con le migliori offerte che potrebbero attestarsi intorno al 2,7% – spiega Stefano Rossini, amministratore delegato del broker Mutuisupermarket.it -. I primi market mover, come spesso accade a fine febbraio, si muoveranno con nuove offerte e campagne pubblicitarie.
Dopodiché se questo innescherà un processo virtuoso di nuove offerte al ribasso non possiamo ancora dirlo perché ci sono molte incognite ancora da chiarire». Si riferisce alle elezioni di fine febbraio? «È senza dubbio un elemento che può impattare. I mercati si aspettano una maggioranza solida che possa governare il Paese per cinque anni – prosegue -. In caso contrario gli spread obbligazionari potrebbero risalire disinnescando, in partenza, l’attuale trend di riduzione graduale degli interessi sui mutui». Se però confrontiamo l’1,4% della Spagna e il 2,85% dell’Italia, pur con tutte le attenuanti del caso, i costi italiani sembrano ancora ingiustificati.
«Gli istituti vogliono vedere più luce prima di dar vita a una più corposa riduzione degli spread. Il 2013 è iniziato con buoni auspici e anche il costo di raccolta sul mercato interbancario (per quanto non riflesso dagli indici Euribor che sono oggi dei tassi “nordici”, ndr) sta scendendo – conclude Rossini -. Tuttavia il tasso di default sta aumentando, è passato dall’1,6% di inizio 2012 all’1,9% del terzo trimestre. Per questo motivo gli istituti mantengono ancora un atteggiamento guardingo sul credito per evitare di rivedere un tasso di default al 2,3%, record italiano raggiunto nel 2010. Se dopo Basilea III tutti gli altri tasselli si metteranno a posto, dalle elezioni ai segnali di ripresa economica indicati dal governatore della Bce Mario Draghi, allora è probabile che gli impieghi delle banche destinati al prodotto mutui potranno aumentare. Il che sarebbe positivo per gli spread. In ogni caso lo vedremo presto: i mesi caldi vanno da fine febbraio a giugno quando le banche vogliono fare raccolta».
Fonte: dilogicasa.it