La vendita di un immobile destinato ad uso abitativo, ma sprovvisto del certificato di abitabilità determina la carenza di un requisito essenziale del contratto, per cui, in favore dell’acquirente scatta il diritto al risarcimento.E’ quanto previsto dalla seconda sezione civile della Corte di Cassazione nella sentenza 29 agosto 2011, n. 17707. Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguardava due acquirenti di un immobile destinato ad abitazione, i quali, a loro volta, avevano promesso l’appartamento in vendita a terzi, allorchè prima della scadenza del termine per la stipula del definitivo, i promissari acquirenti avevano evidenziato che l’appartamento era munito solo di licenza di agibilità, ma non del certificato di abitabilità, per cui le parti si erano accordate per la riduzione del prezzo di vendita, rispetto a quanto già pattuito.
Pertanto, i primi acquirenti avevano citato in giudizio dinanzi al Tribunale di Livorno gli originari venditori, chiedendo il rimborso della somma quale riduzione del prezzo concordato con i terzi acquirenti. Se il giudice di prime cure aveva accolto la domanda proposta, essa poi veniva rigettata dalla Corte d’Appello di Firenze, la quale aveva argomentato la sua decisione, rilevando che la vendita di immobile ad uso abitativo, ma privo della licenza di abitabilità, integrava un’ipotesi di consegna di “aliud pro alio” solo “qualora risultino specifiche, anche se implicite, pattuizioni in ordine all’obbligo del venditore di richiedere tale licenza ovvero risulti che, per le modalità di costruzione dell’immobile, la licenza medesima non possa comunque essere rilasciata”.
Nel caso in esame, secondo la Corte territoriale, non vi era stato uno specifico accordo contrattuale relativamente all’obbligo del venditore di richiedere la licenza di abitabilità, ed inoltre gli acquirenti, non avevano indicato “che le caratteristiche costruttive dell’immobile impedissero il cambio di destinazione ed il conseguente rilascio del permesso di abitabilità”. Contrariamente alla pronuncia suddetta, i giudici di Piazza Cavour hanno condiviso l’orientamento giurisprudenziale secondo cui la vendita di immobile destinato ad abitazione, senza certificato di abitabilità, incidendo sull’attitudine del bene venduto ad assolvere la sua funzione economico-sociale, si risolve nella mancanza di un requisito giuridico essenziale ai fine del legittimo godimento del bene e della sua commerciabilità e, configurando un’ipotesi di vendita di “aliud pro alio”, legittima l’acquirente a domandare il risarcimento dei danni, per la ridotta commerciabilità del bene (Cass. n. 2729/2002; n. 1701/2009).
Pertanto, la Suprema Corte accogliendo il primo motivo di ricorso, ha rinviato ad una diversa sezione della Corte d’Appello di Firenze, per colmare le preesistenti lacune motivazionali, nonché per provvedere alla statuizione delle spese del giudizio di legittimità.
Fonte: mediazionefacile.it