Può un agente immobiliare rimanere senza casa? Sembra paradossale ma la crisi ha reso possibile anche questo. “Ho venduto appartamenti per anni ma con la contrazione delle compravendite il mutuo di casa non me lo posso più permettere nemmeno io”. In tempo crisi, quella di Roberto è diventata una storia normale. Affitti alle stelle, mutui insolvibili, stipendi che un tempo garantivano una certa stabilità economica e che ora non bastano più per arrivare alla fine del mese. Una storia normale con un finale però meno frequente: l’occupazione.
Un’occupazione “spontanea” nata il 17 settembre scorso e organizzata grazie a un passaparola tra amici accomunati da sfratti e morosità. Infatti, Roberto non è solo. Con lui ci sono le famiglie di altri due agenti immobiliari, impiegati pubblici, agenti finanziari, odontotecnici, piccoli imprenditori. In tutto 30 persone, 11 nuclei familiari complessivi, tra cui 14 minorenni con età variabili dai 3 mesi ai 14 anni. Lo stabile in questione è di proprietà del Lazio Adisu, l’Ente per il diritto allo studio nel Lazio, in via del Macao 8, nel centro di Roma a pochi passi dal ministero dell’Economia e della Finanze, destinato agli studenti universitari fino al giugno scorso.
LA STORIA DELL’OCCUPAZIONE – “Solo un anno fa non avremmo mai pensato di occupare per poter avere un tetto sopra la testa. Ma siamo stati obbligati a farlo. L’unica alternativa era la strada”. Lo raccontano quasi all’unisono mentre, intorno a un tavolo, mangiano un piatto di pasta preparato da Roberto. “Siamo entrati qui il 17 settembre e il 20 abbiamo avanzato richiesta di residenza che ci è stata accordata. Poi venerdì scorso siamo andati all’Adisu e abbiamo comunicato la nostra occupazione”. Così è arrivata la polizia prima per un controllo, poi per notificare l’ordinanza di sgombero. Nel frattempo la voce si è sparsa. L’associazione inquilini e assegnatari dell’Unione sindacale di base, Asia Usb, si è mobilitata per sostenerli. “Ora stiamo aspettando che si apra un tavolo di confronto con le parti in causa per trovare una soluzione. Noi siamo decisi a restare, almeno finché non si trova una soluzione alla nostra situazione. Se ci sgomberano, resisteremo passivamente”.
GLI OCCUPANTI – “Ora vi raccontiamo le nostre storie ma non c’è da stupirsi: siamo lo spaccato di quello che era il ceto medio e che adesso non ce la fa più a mantenere nemmeno la casa” esordisce Roberto. E infatti, in tutte le storie, è la casa, “che assorbe quasi tutto lo stipendio” a essere il problema: “abbiamo quasi tutti una sentenza di sfratto e chi non ce l’ha è perché sono solo due o tre mesi che non riesce più a pagare il mutuo”. Fabio faceva l’agente finanziario in proprio. Un incidente gli ha tolto un braccio e, a lungo andare, anche il lavoro. Natascia è una dipendente statale e ha cinque figli. “Prendo 1200 euro al mese e pagavo 950 di affitto più cento di condominio. Sono sola a far crescere i miei figli. Quando sono stata sfrattata da casa, l’unica cosa che mi è stata proposta è mettermi nella lista della Caritas”. Su trenta persone, sono quasi tutti italiani. Solo quattro ragazzi “single” sono stranieri. Seluan viene dallo Sri Lanka e abita in Italia da tanti anni: “l’ultimo lavoro che mi è capitato è stato per i due mesi estivi. Ho vissuto con questa famiglia romana giorno e notte per 500 euro al mese”. Gentian è albanese. “Ho lavorato per anni con un’azienda che monta mobili per uffici. Poi è arrivata la crisi e mi hanno licenziato”.
LA PROPRIETA’ – Lo stabile, di proprietà del Lazio Adisu, l’Ente regionale per il diritto allo studio, che fa capo alla regione Lazio, è rimasto aperto fino al giugno 2012 come residenza per studenti universitari. Ma a settembre quei “mini-appartamenti”, una decina in tutto, non sono stati assegnati. “La palazzina è stata temporaneamente chiusa per lavori di adeguamento alla normativa vigente come per esempio l’impianto antincendio” spiega Antonio De Michele, direttore amministrativo di LazioAdisu che conferma come a settembre, al momento dell’occupazione, i lavori di ristrutturazione non erano ancora iniziati. “Non ci sono piani che ne cambieranno la destinazione d’uso – assicura – avevamo in progetto di riaprire la struttura per il prossimo bando di concorso a novembre”.
UN INCONTRO – Intanto gli occupanti, sostenuti dal sindacato Asia Usb, stanno lavorando alla possibilità di aprire un tavolo di trattativa con l’Adisu, e con gli assessori regionali competenti (Lavoro e Istruzione, Mariella Zezza, e Demanio e Patrimonio, Fabio Armeni) per trovare “possibili soluzioni”. Anche il consigliere regionale della Federazione della sinistra, Fabio Nobile, si è recato presso lo stabile: “Farò in modo che l’incontro si possa a aprire al più presto”.
Fonte: today.it