Il 98% degli edifici che saranno presenti tra 50 anni sono già stati costruiti. Si stima che le nuove costruzioni costituiranno solo il 2% sul volume totale del costruito. Ogni anno, la cementificazione divora milioni di ettari di territorio, solamente considerando i dati relativi alla maggior parte delle regioni italiane. Senza considerare la significativa fetta del patrimonio esistente costituita da edifici storici che, ovviamente, vanno tutelati da interventi di riqualificazione. Sono queste le informazioni da cui parte REbuild, la convention nazionale dedicata alla riqualificazione e gestione sostenibile dei patrimoni immobiliari che si terrà dal 17 al 19 settembre a Riva del Garda, per dimostrare la crescente necessità di sviluppare un nuovo futuro per la filiera delle costruzioni. Si tratta di opportunità reali che possono da un lato aiutare il settore immobiliare a uscire dall’attuale situazione di stagnazione e, dall’altro, istituire buone prassi dedicate a garantire un miglior comfort ambientale.
I vantaggi in termini di impatto ambientale sono chiari, a partire dalla diminuzione del consumo di suolo, una delle maggiori minacce per l’Europa, secondo l’European Enviromental Agency. Inoltre, l’Unione Europea ha stabilito la necessità di ridurre le emissioni del 20% entro il 2020 e dell’80% entro il 2050. Una sfida importante, se si considera che il patrimonio immobiliare italiano è il secondo più vecchio d’Europa, dopo la Germania, e che la maggior parte delle abitazioni è stata costruita da più di 40 anni. Inoltre, riqualificare un edificio permette di risparmiare risorse ambientali preziose, quali l’acqua, oltre che consumi di energia. Questo significa anche risparmio di costi nella bolletta.
Investire nella riqualificazione di un edificio comporta anche vantaggi economici, sia per il soggetto proprietario dell’immobile, sia per l’usufruttuario.
“Secondo studi internazionali, è possibile capitalizzare i soldi investiti nel retrofit anche in tempi molto brevi – spiega Thomas Miorin direttore Habitech. Il guadagno per la proprietà è dato dall’aumento di valore dell’immobile, dalla diminuzione del rischio di deprezzamento e dalla minor possibilità che resti sfitto. La riduzione dei consumi di energia, stimata intorno al 35%, invece, premia sia l’affittuario che può risparmiare soldi in bolletta, sia il proprietario: i canoni di affitto vengono infatti rivalutati in media del 7%”.
I dati internazionali, tra cui quelli che verranno presentati a REbuild da Nils Kok, uno dei maggiori esperti a livello internazionale di economia del green retrofit, lo confermano. Riqualificare negli Stati Uniti ha un costo per metro quadro compreso tra i 75 e i 165 euro. Il risparmio che ne deriva è compreso tra i 13 e i 26 euro al metro quadro, che significa dai 90 ai 170 kWh per metro quadro all’anno solo per quanto riguarda la riduzione di consumi energetici. Il valore dell’immobile, invece, aumenta di circa 22 euro per metro quadro, rispetto a un edificio non riqualificato. Questi fattori comportano un aumento del prezzo di vendita tra l’11 e il 13%, oltre a una diminuzione delle spese di assicurazione.
Un’ulteriore opportunità competitiva per l’immobile riqualificato è la certificazione. Scegliere di certificare il proprio immobile significa garantire il livello di prestazioni raggiunte in termini di salute umana e ambientale sulla base di diversi parametri che vanno dallo sviluppo sostenibile del sito, al risparmio del consumo di acqua, dall’efficienza energetica, alla scelta dei materiali e alla qualità ambientale all’interno dell’involucro, tenendo conto dell’intero ciclo di vita dell’edificio. Il mercato internazionale riconosce agli immobili certificati un sovrapprezzo nella vendita fino al 16% e nell’affitto dal 3 al 6%.
Gli edifici certificati, inoltre, godono di una riduzione del tasso di vacancy – la percentuale di metri quadrati di immobili sfitti – e di minori costi di gestione. Infine, chi sceglie di far lavorare i propri dipendenti in immobili riqualificati e certificati viene premiato anche dalla diminuzione delle quote di assenteismo e dalla maggior produttività. Gli spazi lavorativi più confortevoli, infatti, favoriscono il benessere degli occupanti perché qualitativamente migliori dal punto di vista della vivibilità e della salubrità.
Fonte: circuitiverdi.it