“Il settore immobiliare americano dà segnali di progressivo miglioramento”. Le parole del presidente della Federal Reserve, Ben Bernanke, lo scorso luglio in Congresso per il consueto rapporto semestrale, sono state una boccata d’ossigeno per chi osserva da vicino l’economia americana, per chi ha vissuto la crisi di quattro anni fa (iniziata proprio dal collasso del mercato dei mutui e dal conseguente crollo dei prezzi e del valore degli immobili) e per chi ne sta ancora pagando le conseguenze. Ma non è ancora il momento di tirare i remi in barca, ha avvertito il numero uno della Banca Centrale americana: “l’immobiliare non sta dando l’apporto alla ripresa che solitamente dà dopo periodi di recessione come quello da cui gli Stati Uniti sono usciti” e risente del più generale quadro dell’economia americana (la crescita è lenta, +1,5 per cento il dato preliminare secondo trimestre, il tasso di disoccupazione è alto, 8,3 per cento in luglio, e i consumi rallentano, +1,5 per cento in aprile-giugno dal 2,4 per cento dei primi tre mesi dell’anno).
In generale “si assiste a una stabilizzazione, con un progressivo aumento dei prezzi, soprattutto nel Nord-Est del Paese, con buoni andamenti soprattutto a Boston. Nel Sud-Ovest si distingue l’area di Phoenix, in Arizona, mentre la ripresa della zona di Miami, in Florida, un po’ più robusta, dopo la gravissima battuta d’arresto durante la crisi”, ha detto a Il Ghirlandaio Nicolas Retsinas, docente della Harvard Business School e direttore del Joint Center for Housing Studies della Harvard University. “Il problema continua a essere la parte centrale dell’America, dove l’alto livello di foreclosure (mancati rimborsi dei mutui per un priodo di tempo prolungato) continua a provocare forti pressioni”.
Anche se i progressi sono lenti, – “ci vorrà tempo”, dice Patrick Newport, analista di Ihs Global Insight”, – gli elementi positivi sono comunque molti: grazie al fatto che il costo del credito è vicino ai minimi storici (i tassi trentennali erano al 3,62 per cento alla metà di agosto, mentre quelli a 15 anni, tipicamente richiesti da chi rifinanzia il mutuo, erano al 2,88 per cento) e il trend delle vendite di case è positivo, nonostante la frenata di giugno, come ha sottolineato Teunis Brosens, economista di Ing Bank in una nota di ricerca. Inoltre, i permessi per costruzioni sono in aumento (+6,8 per cento in luglio) e la fiducia dei costruttori di case è in crescita (l’indice redatto dalla National Association of Home Builders in agosto è cresciuto da 35 a 37 punti, il massimo da marzo 2007). Joel Naroff, capo economista di Naroff Economic Advisors, è ottimista: “Considerando il deciso rialzo dei permessi, ci sono buone possibilità che nei prossimi mesi le costruzioni aumenteranno. Solitamente, non si chiedono autorizzazioni se non c’è l’intenzione di avviare cantieri”, ha sottolineato.
“La ripresa del settore immobiliare c’è, ci sono varie prove del miglioramento, ma resta ancora il rischio di un’inversione di tendenza”, avverte Retsinas, spiegando che vari fattori impediscono progressi più rapidi del mercato immobiliare. Il rischio maggiore viene dal fronte della domanda, conferma Naroff: a frenare i potenziali acquirenti sono gli standard più rigidi per l’erogazione di mutui, il calo del merito creditizio delle famiglie, l’aumento dei prestiti “underwater” (letteralmente sott’acqua, ovvero quando il mutuo da rimborsare è più alto del valore reale dell’immobilie) e il timore che le difficoltà dell’economia americana non siano di rapida soluzione. Per quanto riguarda l’offerta, il numero di case vuote o invendute, aumentato dal continuo ingresso sul mercato di proprietà confiscate a causa delle foreclosure, incide negativamente sul numero di nuove costruzioni (in luglio sono calate dell’1,1 per cento, dopo essere cresciute il mese precedente al passo più rapido dall’ottobre 2008).
Nei prossimi mesi la bussola per orientarsi saranno ancora una volta le parole di Bernanke: “Anche se al momento la fiducia delle famiglie americane è tendenzialmente bassa, i venti contrari dovrebbero calmarsi nel corso del tempo, consentendo alla crescita economica di accelerare e al tasso di disoccupazione di calare verso livelli più normali”, generando un circolo virtuoso anche nel settore immobiliare. “Sempre che la crisi europea non peggiori”, conclude Retsinas. “In quel caso gli effetti sarebbero imprevedibili”.
Fonte: desideratadomus.it