Il decreto anti-crisi rappresenta un tentativo del Governo in soccorso dei risparmiatori in difficoltà con il caro-rata, ma cosa cambia all’atto pratico per le famiglie italiane? Al momento (e qualora i termini del decreto dovessero essere confermati) è difficile dare una risposta, tutto dipenderà dall’andamento dei tassi interbancari (gli Euribor ai quali sono indicizzati i mutui variabili sottoscritti finora) nei prossimi 12 mesi.
Il tasso fissato a Francoforte (ora al 3,25%) è infatti generalmente inferiore rispetto all’interbancario, oltre che più trasparente e meno volatile. Resta però da vedere in che modo questa innovazione verrà tradotta in pratica dalle banche, che di norma si finanziano al tasso Euribor e potrebbero quindi chiedere un prezzo superiore in termini di spread per coprirsi dal rischio di eventuali crisi sui mercati interbancari.
Sul tema il ministro delle Finanze, Giulio Tremonti, è stato piuttosto chiaro: «Per i mutui futuri – ha detto in conferenza stampa – la base di riferimento sarà il tasso stabilito dalla Bce. Su quella base la banca può decidere cosa fare e lo deve comunicare». I primi prodotti di questo genere introdotti le scorse settimane (l’esempio di Bpm è stato seguito da altri istituti di credito) hanno fissato a 150 punti base (cioè l’1,5%) il ricarico a favore della banca: un prezzo mediamente più caro rispetto a quanto normalmente praticato sui prodotti tradizionali e che potrebbe perciò rendere inefficace l’innovazione. Dopotutto, se si guardano i dati statistici degli ultimi 10 anni (compresi gli ultimi mesi critici) l’Euribor a un mese è risultato in media più elevato rispetto al tasso ufficiale dello 0,16% (0,25% lo scarto a svantaggio del 3 mesi): il mutuo Bce risulterebbe quindi finanziariamente equivalente nel lungo termine a un prestito ancorato all’Euribor con spread compreso fra 125 e 135 punti base. Per avere un prodotto più conventiante, quindi, al risparmiatore non resterebbe che fare affidamento alle forze della concorrenza.
Fonte:Ilsole24ore